Il Self Publishing è emerso prepotentemente, specie nell’ultimo biennio, quale nuovo sistema para-editoriale. In tutta la blogosfera continua a parlarsene, ora in senso spregiativo, ora per semplice curiosità.
A parere del Cosmobabbuino non sono del tutto attendibili né certi giudizi spregiativi trancianti, né certe esaltazioni pseudo-libertarie, giacché come tutti i fenomeni di massa non è riassumibile in poche frasi di circostanza.
Una sola certezza: il SP esiste e si va espandendo, da Amazon a Stealth a mille altre piccole e medie piattaforme.
Non tutti i self-autori sono alla prima esperienza, non tutti sono scarsi, non tutti sono semplici "Sfigati cui gli editori hanno detto sempre di no” come pure certi blogger autoincensanti sogliono ripetere ai quattro venti.
Per cercare di vederci più chiaro il Cosmobabbuino ha deciso di tirare per la giacchetta sette esperti di editoria e scrittura.
Sto parlando di:
Alessandro Forlani, noto scrittore di SF e vincitore del Premio Urania (e Kipple) 2012;
Francesco Troccoli, già ospite su queste pagine, noto autore della Armando Curcio Edizioni, plurivincitore di concorsi di scrittura, nonché blogger e editor stimato;
Dario Tonani, noto e prolifico autore del fantastico, già pluripremiato (ha pubblicato su Urania Mondadori, Delos e molto altro);
Glinda Izabel, notissima admin del blog Atelier Dei Libri e fresca autrice esordiente con Fazi Editore;
Greta Cerretti, autrice di narrativa e editor per conto dell’agenzia letteraria Mondoscrittura;
Laura Costantini e Loredana Falcone, prolifiche autrici di narrativa per numerosi editori free;
Giulia Abbate, nota editor e coach di scrittura per conto dell’associazione Studio 83, nonché autrice presente in numerose antologie.
Questi signori, che in realtà non hanno bisogno di presentazioni, mi hanno gentilmente dedicato un po’ del loro tempo, rispondendo a un questionario mirato a chiarire una volta per tutte la natura del self publishing, i suoi limiti e gli eventuali pericoli che esso, almeno a detta di qualcuno, rappresenterebbe.
Che si tratti del male assoluto, di un’espressione di libertà creativa, di una scelta pigra/furba o altro, bene, chiediamolo ai nostri esperti.
1) Il self publishing digitale sta diventando una vera e propria via alternativa alla pubblicazione. Non è raro trovare autori già pubblicati con case editrici free che integrano il proprio catalogo con ebook autoprodotti. Secondo voi questo canale, capeggiato dal sito di Amazon, può mettere in crisi l’editoria tradizionale?
RISPONDE:
Alessandro Forlani
Credo che questa crisi sia palese fin dai tempi di "MioLibro”; l'apertura al self-publishing degli store Feltrinelli. Ciò che però manca ancora al self-publishing rispetto l'editoria tradizionale è, credo, una vera comunicazione e promozione dell'autore, senza la quale le cifre, e diciamo pure lo spessore e l'autorevolezza dell'auto-pubblicazione, non varranno mai quanto quelle tradizionali. La mia amara impressione è che il web, almeno in Italia, non è ancora la panacea del commercio: centinaia di post di blog su un libro autopubblicato non valgono un solo articolo su un magazine femminile, o mezz'ora di chiacchiere sulla poltrona di Fabio Fazio. È un segreto di Pulcinella dell'editoria che le recensioni più incisive siano comprate: gli autori autopubblicati non hanno i mezzi di uffici stampa di grandi case editrici, quindi il loro lavoro è destinato alla nicchia.
Greta Cerretti
La mia opinione su questo argomento è di certo mediata dalla mia età: non sono vecchia, ma appartengo a quella generazione che ha conosciuto internet dopo i vent’anni, così come il cellulare. Per questo motivo, sono circondata da amici coetanei (e oltre) che guardano ancora con sospetto all’ebook, e che non distinguono tra autopubblicazione e pubblicazione tradizionale. Tuttavia, facendo il mestiere che faccio, mi sono dotata di un ebook reader. Credo pertanto che sia solo questione di tempo: al giro di boa del cambio generazionale, credo che sì, l’editoria tradizionale potrebbe risentire di questo fenomeno.
Dario Tonani
Non in tempi brevi. E non finché il fenomeno rimarrà circoscritto in larghissima parte agli autori che non riescono a trovare sbocchi di pubblicazione nei canali più tradizionali. È però una via interessante, che ha avuto illustri esempi soprattutto negli Stati Uniti e in Inghilterra: penso, per esempio, al recente caso del britannico Stephen Leather. In Italia onestamente credo che sia difficile che si sviluppi un vero e proprio mercato di questo genere, perché già quello editoriale tradizionale ha a che fare con un numero di lettori percentualmente molto modesto.
Glinda Izabel
Sì e no. Amazon è una vetrina che consente agli autori di arrivare direttamente al lettore, senza filtri o espedienti e a prezzi contenuti. Questo sicuramente potrebbe in qualche modo presentare un problema per gli editori tradizionali, ma c’è un fattore che, per adesso, favorisce l’editoria classica a quella digitale: la qualità (o presunta tale) del testo. Fino a quando gli autori continueranno a pubblicare opere non editate o editate in modo grossolano, infatti, l’editoria tradizionale ne uscirà sempre vincitrice.
Francesco Troccoli
È presto per dirlo. Pur reputandomi un lettore assiduo, mi scopro ancora restio all’acquisto di un reader e nessuna offerta di testi lunghi o brevi, su Amazon o su simili siti di e-publishing, mi ha mai sedotto al punto di dotarmene. Ma sono disponibile a essere indotto a cambiare opinione in qualsiasi istante.
Giulia Abbate
Quella dell’ "editoria tradizionale” è una categoria chiamata molto in causa, ma a mio avviso è fuorviante definire il sistema editoriale di oggi come "tradizionale”: parlerei piuttosto di editoria "attuale”. Nulla può mettere in crisi l’editoria attuale, più di quanto non facciano già meccanismi interni al proprio sistema e contesto. L’editoria attuale è un meccanismo complicato che di fatto si sottrae alle regole del normale mercato, il che non è di per sé un problema, se non fosse che essa non è capace di proporre alternative e continua a vivacchiare senza darsi uno statuto differente, in un contesto in cui l’offerta (di libri) supera la domanda (dei lettori e di lettori). E questo ultimo fattore vale anche per il self-publishing, che al momento trova il suo mercato negli autori e ha ancora solo in nuce le potenzialità infinite del suo domani.
Laura Costantini e Loredana Falcone
A nostro parere no. Non ancora almeno. I lettori in Italia sono pochi. Di questi pochi, quelli digitalizzati sono ancora meno. Spesso incontriamo lettori che arretrano quasi inorriditi davanti alla possibilità di acquistare un libro cartaceo via internet. Hanno paura che la loro carta di credito venga clonata, che il libro non arrivi. Spesso non sanno proprio come fare. Per non parlare delle vendite di e-reader che ancora non sono assurti a fenomeno di massa. Quindi, per il momento, l'editoria tradizionale può dormire sonni tranquilli. La strada sarà lunga e tortuosa.
2) Il fenomeno del POD sembra essersi allargato ben oltre le vecchie stampe congressuali e di partito. Un tempo i servizi tipografici costituivano l’alternativa elitaria alle copisterie, oggi invece vari editori, anche di discreto blasone, creano dei veri e propri sottomarchi che offrono servizi di Print on Demand. Tali sottomarchi immettono nel circuito pubblicazioni non sempre di buon livello, poiché in genere prive del benché minimo servizio editoriale. Come valutate questa pratica commerciale?
RISPONDE:
Alessandro Forlani
Con tre banalissime parole: mancanza di professionalità. Per chi, come me, crede nella formazione e nel lavoro, sono già di per sé già abbastanza sprezzanti, non ho bisogno di commentarle.
Greta Cerretti
Dal punto di vista strettamente commerciale, questa pratica è ottima perché permette, appunto, di guadagnare. Se invece mi chiedi cosa ne penso dal punto di vista qualitativo, sono molto critica: permettere a chiunque di mettere in commercio qualsiasi cosa definendola libro (e avendo pure l’ISBN per farlo) è quanto di più deleterio possa esistere per la cultura italiana.
Dario Tonani
Spesso però sono opere destinate a un circuito professionale o a carattere didattico, che difficilmente potrebbero trovare spazi nei cataloghi tradizionali. Avrete senz’altro fatto caso che non si stampano più neppure i più classici manuali di istruzione: compri una tv o un cellulare di ultima generazione e vieni rimbalzato online per qualsiasi informazione relativa all’uso e alla manutenzione. Solo il termine "sottomarchio” editoriale mi fa accapponare la pelle…
Glinda Izabel
La valuto per ciò che è in realtà: un espediente per racimolare un po’ di denaro. E’ vero che tutti i mezzi per salvare l’editoria sono leciti, ma un limite sarebbe necessario porlo in questi casi. Sono favorevole all’autopubblicazione, ma al genere che si può definire di qualità e questo implica che l’opera sia passata tra le mani di un editor qualificato che sappia rendere il romanzo adatto al mercato. Tra l’altro al Print on Demand preferisco di gran lunga la pubblicazione in ebook, in quanto i prezzi dei romanzi stampati con il POD sono spesso proibitivi (non per scelta dell’autore) e la qualità dei volumi è a dir poco discutibile.
Francesco Troccoli
La quasi totale assenza di un controllo di terzi, ovvero di una revisione editoriale seppur minima, diluisce l’offerta degradando la qualità media dei prodotti. Fintanto che questa sarà la situazione, il mio giudizio su questa pratica è di indifferenza. La libertà di pubblicare è una bella cosa, ma la qualità resta indispensabile.
Giulia Abbate
È una pratica commerciale nota e usata, non appartenente al mondo dell’editoria "tradizionale” ma comunque a pieno regime da qualche anno. Essendo a pieno regime, dal punto di vista commerciale è una pratica valida perché funziona e quando all’opportunità unisce la qualità è un sistema come un altro di pubblicazione: siamo agli inizi di una nuova era ed è curioso come sotto molti aspetti stiamo ricalcando inconsapevolmente pratiche diffuse anche nel primo Settecento, alba della diffusione della stampa libraria.
Laura Costantini e Loredana Falcone
Non ha la carica truffaldina dell'editoria a pagamento, ma ci si avvicina parecchio. Però vorremmo sottolineare un dato che spesso si omette. Se non esistesse una massa enorme e agguerrita di gente che NON sa scrivere e che comunque pretende di essere pubblicata, editoria a pagamento e print on demand non avrebbero motivo di esistere. Questo non significa che tutto quello che arriva da canali diversi all'editoria tradizionale, sia da buttare. Anzi. Ci è capitato di leggere autori incappati nell'editoria a pagamento che avrebbero meritato di accedere agli scaffali delle librerie. Alcuni ci sono riusciti, altri hanno scelto di darsi al self publishing contando sullo zoccolo duro di lettori che si sono conquistati grazie alla qualità della loro scrittura. Certo, non ci campano. Ma in Italia campare di scrittura è un'utopia.
3) A oggi spuntano come funghi blog amatoriali e semi amatoriali di sedicenti scrittori, editor e/o agenti letterari. Spesso basta un piccolo investimento iniziale per mettere su un sito ben funzionale ed esteticamente attraente, attraverso il quale offrire servizi editoriali non sempre all’altezza delle promesse. Si tratta di semplice speculazione sulla vanità dell’esordiente o ritenete che vi siano altre ragioni alla base del fenomeno?
RISPONDE:
Alessandro Forlani
Altro è il blog del "sedicente scrittore”, un legittimo spazio privato in cui, finché non reco danno ad alcuno, né calunnio (ma già sarebbe buona cosa usare educazione e civiltà) ho altrettanta legittima libertà di pubblicare, cancellare e sperimentare. Non confondiamo ambizioni e pretese. Altro è il sedicente editor e/o agente letterario che specula sui vaghi confini (di nuovo: almeno in Italia) del mestiere della narrativa per grattare quattrini da autori troppo ingenui. Di nuovo, credo il distinguo lo faccia la professionalità: un editor uscito da un master universitario dedicato alla disciplina non è lo stesso dell'editor "perché sì”. Ma, nell'editoria come ahimé in ogni altro contesto, oggi si è appunto convinti che basti pretendere per saper fare.
Greta Cerretti
Puoi aggiungere che spuntano come funghi anche case editrici con lo stesso criterio e assolutamente non in grado di soddisfare nemmeno un terzo delle promesse fatte. Di certo la vanità (e l’alto numero) di aspiranti autori in Italia rende questo settore molto redditizio e penso sia la ragione principale alla base del fenomeno. Altra ragione può essere lo scontento dell’esordiente: schiacciato dal marcio che esiste nell’editoria italiana, tenta la strada del blogger e dell’agente per rimanere ancora nel settore o meglio per entrare dalla finestra laddove ha trovato la porta sprangata. Fino a quando non esisterà una regolamentazione anche per potersi definire "editore” e "agente letterario” secondo un iter formativo ben definito, si può solo sfruttare quello che di buono mette a disposizione la rete: non solo la possibilità di aprire un bel sito, ma anche quella del confronto tra utenti mediante numerosissimi forum. Insomma, se si usa accortezza, la fregatura può essere evitata.
Dario Tonani
Speculazione in buona misura, ma in certi casi (rari) anche serietà e intenti nobili. Aprire un sito è alla portata di tutti, come fare i tarocchi! Certo che se per fare i tarocchi chiedi cifre esorbitanti… Scherzi a parte, le agenzie che spacciano servizi di editing ormai pullulano in rete. Sono utili, servono davvero? Certe volte penso che siano un modo come un altro per "inventarsi” un lavoro che altrimenti non ci sarebbe. Ma non si può generalizzare.
Glinda Izabel
Per quanto mi riguarda tutto ciò che è amatoriale in questo campo è da evitare. Come possono degli agenti, delle case editrici (che spuntano come le fragole di bosco in estate) o degli editor amatoriali, offrire dei servizi editoriali degni di nota? Perché un autore dovrebbe spendere il proprio prezioso denaro per affidare i propri scritti a qualcuno che, senza alcuna qualifica, afferma di poter garantire servizi di qualità? La contraddizione sta poi nel modo in cui alcuni autori si rifiutano strenuamente di rivolgersi ad agenzie editoriali serie e qualificate in quanto chiedono una cifra per valutare e occuparsi del manoscritto, ma decidono di affidare la propria opera a dei perfetti sconosciuti che, comunque dietro compenso, non potranno offrire loro la stessa qualità.
Francesco Troccoli
Molto spesso si tratta in effetti di speculazione. Ci sono rare perle fra tante biglie di plastica, ma bisogna avere la fortuna (e il tempo) per trovarle. E nel mare delle offerte, di fatto, è poco probabile che accada.
Giulia Abbate
La "speculazione sulla vanità dell’esordiente” è una realtà diffusa, ma è un luogo comune ancora più diffuso. Se qualcuno offre un servizio di qualità scadente e al di sotto delle proprie stesse promesse, qualsiasi esso sia, sta semplicemente lavorando male e probabilmente chiuderà presto, dato che gli esordienti non sono minus habens ma in questo caso clienti di servizi, che solitamente si informano, dopo una fregatura si fanno i conti in tasca e in generale sono aperti al miglioramento e al lavoro sulle proprie cose (in dodici anni di lavoro con gli autori, la mia esperienza va in questo senso). Se invece offro un servizio utile e di qualità e trovo persone che ne traggono beneficio, allora sto facendo un bene a me stessa e ai miei clienti, che non sono necessariamente vanitosi solo perché vogliono esprimersi in modi tradizionalmente preclusi ai più. A dire il vero, se si pone come fatto che molte piattaforme siano aperte da "sedicenti professionisti”, forse la vanità è da questa parte. Mi sono imbattuta molto spesso in semidilettanti alteri, protagonistici e dogmatici: questa può essere una ragione del proliferare di iniziative varie, molte delle quali presto si sgonfiano o diventano altro. Un’altra ragione è che semplicemente ora si può fare, ci sono i mezzi tecnici e quindi giustamente gli esperimenti fioriscono.
Laura Costantini e Loredana Falcone
Come già detto, si segue la legge di mercato. Se esiste una vera e propria folla di gente che pensa di aver scritto un capolavoro, esisteranno di conseguenza coloro che vogliono approfittarne promettendo editing e pubblicazioni future. Il problema è che è passato il messaggio per cui scrivere professionalmente, narrare, sia pratica accessibile a tutti. Non esistono altrettanti aspiranti pittori o fotografi professionisti o scultori o musicisti. Perché le tecniche di base di queste professioni o arti hanno un peso specifico che non tutti si sentono di affrontare. Con la scrittura, invece, ci si cimenta tutti i giorni. E la capacità di mettere in fila soggetto - verbo - complemento, pur senza aver alcuna contezza dello stile e della tecnica necessarie, illude la gente di essere in grado di realizzare racconti, romanzi, poesie. Se poi hanno frequentato una sedicente scuola di scrittura creativa, il danno è irreparabile e le tasche degli editori a pagamento, dei presunti editor e dei fornitori di print on demand si riempiono di moneta sonante.
(segue post successivo)
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