4) Non è raro trovare gruppi di scrittori self published che si recensiscono e acquistano a vicenda, in modo da mantenersi reciprocamente in cima alle classifiche di vendita e così attrarre nuovi acquirenti. Rovescio della medaglia è il proliferare di commenti e recensioni "Fake” da parte di cordate avversarie, con innesco di frequenti discussioni sui social network, sui contenuti delle quali è meglio soprassedere. Sono solo goliardate o il fenomeno è indice di qualcos’altro? RISPONDE: Alessandro Forlani In Citizen Kane di Orson Welles (1941) i giornali di Kane recensiscono entusiasti le disastrose performance teatrali della cantante moglie del magnate. I concorsi che invitano i consumatori a dare il nome al nuovo prodotto da immettere sul mercato, quando quel nome è già deciso a priori, esistono dagli anni '50. Che c'è di nuovo? Greta Cerretti Nessuna goliardata: alla base c’è l’assoluta mancanza di umiltà che caratterizza gli scrittori esordienti. Mascherandosi dietro il "talento” rifiutano consigli e giudizi. Mi è capitato di imbattermi proprio in questo fenomeno: un autore ci ha inviato due testi autopubblicati con un POD blasonato, come l’hai pocanzi definito. Erano testi dove la stessa base della lingua italiana scarseggiava, e sul sito aveva ricevuto ben CINQUE stelline su cinque. Mi sono chiesta se anche i lettori fossero a digiuno di vocabolario, poi mi sono dovuta arrendere: si trattava di scambio di favori. Non mi sono mai imbattuta nel fenomeno contrario che tu citi, ma credo che il principio sia il medesimo: assenza di capacità autocritica e di spinta al miglioramento. Dario Tonani È un fenomeno che trovo davvero imbarazzante. Non è raro trovare autori che si autoincensano attribuendosi il massimo delle stelle e commenti osannanti su Anobii e Goodreads: quest’ultimo però "mette in guardia” dallo scrittore che vota se stesso, cosa che Anobii (che sta progressivamente perdendo terreno) non fa! Si tratta comunque di una pratica "a perdere” che squalifica l’autore e genera diffidenza attorno al suo nome. Glinda Izabel Il fenomeno delle recensioni fake, sia positive che negative, non può essere ristretto solo al campo del self publishing. In realtà è possibile riscontrarlo anche tra i romanzi pubblicati da case editrici rinomate, in particolare tra gli esordienti italiani. Sinceramente, da autrice e blogger, trovo che la cosa sia molto triste e che sia indice della scarsa maturità e bassa fiducia in se stessi, tipica di alcuni scrittori esordienti, che si dimostrano incapaci di approcciarsi con professionalità alla pubblicazione. A questo strano fenomeno delle recensioni fake, si aggiunge poi quello degli autori autopubblicati che comprano da soli le proprie opere, giusto per rimanere in cima alle classifiche. Cosa decisamente non produttiva quando questo "apparente successo” non viene accompagnato da un proporzionale passa parola online. Insomma, certe magagne saltano subito all’occhio! Francesco Troccoli A mio parere si tratta appunto di una riprova di quanto ho affermato in precedenza: diluizione dell’offerta, degradazione della qualità media, e nei casi estremi sofisticazione allo stato puro; in una parola: inflazione di basso livello. È dannosa, ma l’utente e il lettore medio sono più intelligenti di quanto creda chi mette in atto queste "goliardate”. Giulia Abbate Non vedo goliardia in questi comportamenti, come in generale in questo settore. Il "fare gruppo” è una tendenza umana, universale e capillare e il fatto che accada anche con scrittori autopromuoventi (non solo auto pubblicati, naturalmente) o con forumisti incalliti non mi pare un fenomeno così fenomenale. Anzi, penso che questo boom di blurb sia positivo, perché finalmente permette al lettore di capire cosa c’è dietro la promozione libraria in generale, e quindi dopo la prima fregatura diventa più critico, più sveglio e più incline a formarsi una propria opinione più personale e autonoma. Laura Costantini e Loredana Falcone Siamo un paese dove l'unica vera fede è quella nella furbizia. Perché gli aspiranti scrittori dovrebbero fare eccezione? A questo aggiungi che la rete ha creato delle vere e proprie colture virali di persone frustrate in cerca di vendette personali e abbiamo il patatrac. Non sono goliardate, a nostro parere, sono lo specchio di una società malata. Dove non conta il valore, il talento, la capacità. Conta chi la spara più grossa, chi urla più forte, chi prevarica. 5) A volte gruppi di scrittori e editor amatoriali si confederano in piccole case "autoeditrici” rivolte essenzialmente a se stessi e ai propri lavori. In genere queste aziende si appoggiano su un pod o su una tipografia esterna e hanno vita breve. É solo folklore letterario? RISPONDE: Alessandro Forlani Se l'atmosfera fosse quella dei pulp statunitensi degli anni '30, e tale la vitalità, ben venga il folklore. Tutti gli studenti di Liceo hanno imparato che Dei delitti e delle pene nacque in un caffè fra chiacchiere di scrittori; l'esperienza fiorentina delle "Giubbe Rosse” (altro caffè) fu una delle più interessanti, varie e prolifiche della letteratura italiana precedente la Guerra. Che il web abbia sostituito le seggiole e tavolini, i bicchieri di Varnelli, i posacenere e conti aperti, piaccia o meno è nel XXI secolo è un dato di fatto: a me non dispiacerebbe se da questi caffè virtuali nascesse, domani, altrettanta Letteratura. Greta Cerretti Si tratta di una strategia come un’altra per emergere. Io sono del parere che se la qualità c’è, alla lunga viene premiata. L’importante è non cedere all’inclinazione di essere "buoni” con chi lavora con te, indulgente al punto di far pubblicare qualsiasi cosa scriva. La differenza, in genere, la fa il pubblico: se non si esce dalla "cerchia” dei contatti web, è un po’ come far leggere le proprie poesie ai parenti e agli amici, sparsi nella rete invece che nella cerchia familiare. E così, la vita è breve e la soddisfazione esigua. Anche se mi è anche capitato di sentire qualcuno dire con smisurato orgoglio "Ma non lo sanno che io ho pubblicato UN racconto?” (in una antologia, peraltro). Quello, per me, è folklore. Dario Tonani No, non credo che sia soltanto folklore letterario. Siamo in periodo di crisi e una certa percentuale di autori/editor/curatori s’improvvisa casa editrice con lo scopo di sbarcare il lunario. Ma ci sono anche ottime professionalità, che magari in passato hanno avuto esperienze negative dal settore editoriale tradizionale e decidono di provare a mettersi in proprio. Non cadiamo nel pregiudizio che tutto ciò che è "casereccio” sia da buttar via a priori; la professionalità si annida anche in realtà piccolissime. Glinda Izabel In molti casi è proprio così. Un modo per autocelebrare se stessi, il proprio sito, o il proprio valore. In pochi, pochissimi casi, invece, è un modo per affacciarsi al pubblico, farsi conoscere e far conoscere scrittori meritevoli che vengono ingiustamente ignorati dalle case editrici o che, capita anche questo, con le case editrici vere e proprie non vogliono avere a che fare. Bisogna saper scindere dunque le due tipologie di case "autoeditrici” e guardare oltre la facciata di grandi speranze che sembrano poter offrire. Francesco Troccoli È una modalità, a mio modo di vedere, di impreziosire il prodotto finale e aumentare la visibilità. In qualche caso potrebbe però trattarsi di iniziative serie. Staremo a vedere. La durevolezza di simili fenomeni, e dei relativi marchi, sarà un indicatore della loro validità e serietà. Giulia Abbate È un modo come un altro di mettere a frutto le proprie passioni. Ho visto (e la storia ha visto) nascere in questo modo realtà interessanti e importanti, e con le stesse caratteristiche conosco più di un editore che si è bruciato. La patente del successo te la dà chi ti compra, l’alloro da "poeta laureato” chi ti legge. Ma la dignità del lavoro nessuno può togliertela: o ce l’hai, e vai avanti felicemente comunque vada; o parti già menomato, e presto dovrai cambiare, per non morire. Laura Costantini e Loredana Falcone Spesso è un tentativo, anche sincero, di farsi ascoltare, vedere, leggere. Perché i talenti misconosciuti esistono, ne abbiamo le prove. Siamo del parere che chi vale prima o poi trova la strada per emergere, ma è anche vero che spesso le persone si scoraggiano. Ci vuole pazienza, ci vuole tenacia, ci vuole autostima, ci vuole consapevolezza del proprio valore. È storia di tutti i giorni: un autore mediamente bravo pubblica un libro con una casa editrice media e crede di aver raggiunto lo scopo. Perché, specialmente se è alla prima prova, non sa, non conosce. Non basta la bravura, non basta una casa editrice onesta. Ci vuole un ufficio stampa, il passaparola, il colpo di fortuna, il critico di fama che ti legge e ti recensisce, la libreria che ci crede e non si assoggetta al diktat del distributore che vuole in vetrina sempre e solo quelli che gli vendono di più. Così succede che il libro tanto sudato sparisce nel giro di un paio di mesi, lo scrittore si deprime, comincia a ululare contro il destino cinico e baro, sputa veleno contro il bestsellerista di turno e poi cerca una strada alternativa quale la casa autoeditrice. Una strada senza uscita, ma lo scoprirà solo dopo. 6) E infine l’editoria digitale, che in Italia ancora stenta a decollare, è davvero così pericolosa per il guadagno dell’editore o le paure delle major sono ingiustificate? RISPONDE: Alessandro Forlani È una domanda a cui non so rispondere: riguarda aspetti economici dell'editoria di cui non mi occupo. Ma una major che è davvero tale non dovrebbe avere problemi a cavalcare l'onda, sbaglio? Anzi! Greta Cerretti Su questo ti rispondo secca: fino a quando ci saranno major che vendono ebook a cinque euro, non crederò che temono l’avvento del digitale. Dario Tonani Molte grosse case editrici stanno combattendo una battaglia di retroguardia; alcune hanno paura, ma al contempo non possono permettersi di lasciare campo libero alla concorrenza. E decidono di presidiare il settore digitale senza molta convinzione, sperando di capirne qualcosa più avanti: prospettive, ritorno degli investimenti, rischi, opportunità… Le piccole realtà editoriali, che non possono permettersi il bagno di sangue di una distribuzione cartacea, sono invece molto più sensibili alle nuove tecnologie. E anche molto più disinvolte in fatto di marketing. Stanno facendo da traino e da testa di ponte, perché al tavolo verde si siedano con convinzione anche i grandi giocatori… Glinda Izabel L’editoria digitale è il futuro. Le Major dovrebbero smettere di spaventarsi e iniziare a muoversi in questo senso: pubblicare ebook di qualità a prezzi contenuti, sponsorizzare i propri ebook nelle librerie e attraverso la stampa, proprio come farebbero con i libri cartacei, allietare il pubblico con contenuti extra che possono essere trovati solo nei formati digitali. Gli ebook offrono infinite possibilità, sarebbe il caso di cominciare a sfruttarne qualcuna! Francesco Troccoli Bisognerebbe chiederlo alle major. Il fatto che, checché se ne dica, i grandi gruppi editoriali abbiano punti vendita sempre più sovraffollati e simili agli outlet mi fa pensare che le major siano capaci di adottare strategie di compensazione commerciale, come la vendita di articoli collaterali e non propriamente editoriali (dall’astuccio di Hello Kitty al pennarello di Batman allo stesso e-reader) che tenderanno a trasformare queste grandi aziende in imprese di largo consumo a tutto campo che potrebbero investire sempre meno in quell’ormai raro bene che è il libro di carta. Giulia Abbate L’editoria digitale non ha nulla di diverso da quella "normale”, a parte i supporti. Anzi, è più semplice, perché l’editore non ha più costi di magazzino, tasse sulla carta, tipografia, librai morosi o reticenti… quindi dovrebbe essere una manna per tutti, se solo ci fosse una cultura più operativa, giovane, dinamica, tecnologica. È questo che fa paura dell’editoria digitale: è una cosa nuova e bisogna impararla da zero, a volte anzi crearla, e finora non molti hanno avuto questa intelligente operosità. Come ho detto anche all’inizio, a mio avviso i problemi dell’editoria sono molti, la maggior parte interni e cancrenosi già da tempo. E non è detto che i mali dell’editoria dobbiamo sentirli necessariamente come nostri. Pensiamo alla lettura, alla scrittura, al dialogo, all’incontro… morta una categoria imprenditoriale, se ne farà un'altra, e stavolta molte più persone potranno contribuirvi, con le proprie forze e possibilità. Laura Costantini e Loredana Falcone A noi non sembra che le major stiano lì a tremare per la concorrenza dell'editoria digitale. Anzi. Il mercato italiano è piccolo e provinciale. Le vendite sono spesso legate al battage pubblicitario, al nome famoso, al passaggio in tv, alle festività. Tutti ambiti nei quali l'editoria digitale è ancora inesistente. Inoltre notiamo che molti editori, anche piccoli, si stanno attrezzando per la vendita in contemporanea dello stesso prodotto, in cartaceo e in digitale. La strada migliore, quella che permette di affrontare il futuro senza rinunciare al presente. Ci sono lettori che usano l'e-book, posto che il costo sia contenuto e qui si aprirebbe un altro lungo discorso, come test. Se piace, comprano anche il cartaceo. Quindi il guadagno per l'editore non solo non cala, ma raddoppia. Che dire? I nostri esperti hanno detto la loro e a onor del vero, non ho letto alcuna eresia nei loro inoppugnabili commenti. Self publishing sì? Self Publising no? Sarà il mercato a deciderlo. Personalmente ritengo che l’autopubblicazione possa tranquillamente affiancare l’editoria tradizionale, senza sperare di scalzarla e senza nemmeno temere di perire in un inutile confronto. Ho letto testi autoprodotti di tutto rispetto, come anche libri pubblicati da editori free mal curati o, peggio, ben curati tipograficamente e editati a regola d’arte, ma poverissimi di contenuti. Ho letto però anche testi autopubblicati sgrammaticati, sconnessi, illeggibili. Una cosa è certa: a scrivere siamo in tanti, troppi. Fino a quando l’offerta sommergerà una domanda debole bisogna prendere atto che il SP continuerà a proliferare, con buona pace dei blogger oltranzisti e dei critici più intransigenti. Meglio allora sposare le posizioni dei nostri sette saggi: viviamo e lasciamo vivere, alla fine sarà il lettore a giudicare e lui, si sa, per quanto attiene ai suoi gusti non sbaglia mai. Il Cosmobabbuino ringrazia i sette bravissimi scrittori e blogger intervenuti e dà loro appuntamento alla prossima sconvolgente inchiesta editoriale, sempre che, s’intende, abbiano ancora tempo da dedicargli! Per un’editoria libera e di sinistra.
EDORZAR
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