Il caso Percoco
fu uno dei più atroci episodi di stragismo familiare mai verificatisi in
Italia, in particolare a Bari, dove negli anni 50 era già presente
una forte conflittualità malavitosa, ma dove pure un vero e proprio serial
killer non era ancora balzato agli onori della cronaca.
Il romanzo
formativo di mio fratello ha ricostruito, con trascurabili concessioni
allo spettacolo e qualche scelta narrativa un po' demodè, la
psicologia distorta e repressa dell'assassino, accompagnandolo dall'adolescenza
alla maturità fino all'epilogo, noto a tutti i baresi over quaranta.
Io personalmente
(classe '70) questo episodio non lo conoscevo, anche perché pur essendo ancora presente
nella mente di tutti i baresi anziani, è evidente il tentativo di damnatio
memoriae delle efferatezze del debole, sfortunato eppur terribile Franco
Percoco.
A contribuire
all'oblio del caso ci si mise anche la Procura della Repubblica di Napoli, la
quale, forse non ancora abituatasi all'idea che il fascismo fosse caduto da
oltre un decennio, ordinò sciaguratamente il ritiro di tutte le copie della
Gazzetta del Mezzogiorno che illustravano l'episodio, all'indomani del
ritrovamento dei cadaveri massacrati dall'assassino.
Franco Percoco fu
catturato a Ischia due giorni dopo e condannato all'ergastolo. Uscì di galera
dopo ventidue anni e pare che una volta libero si sia rifatto una vita. In ogni
caso è morto per cause naturali a Torino nel 2001, raggiunto dal fratello
Vittorio (cleptomane e scassinatore), morto un anno dopo in provincia di Cuneo.
La trama del
libro è abbastanza fedele all'andamento dei fatti: il protagonista è un
ragazzino basso e mingherlino, studente mediocre e sbogliato ma capace
d'improvvisi picchi di genialità. A limitarlo vi sono una madre oppressiva e classista
ai limiti dell'idiozia, un fratello maggiore cleptomane che entra ed esce di
galera, un padre avvilito e assente e un fratello minore ritardato. In questo
quadro negativo Franco Percoco riuscirà a stento a conseguire il diploma di
maturità scientifica, nonché a sedurre varie donne di generi disparati: prostitute
(una in particolare sarà il suo primo ed eterno amore), cameriere, turiste
straniere, studentesse e via dicendo, ma stressato dalla madre svilupperà un
temperamento sempre più isterico e ribelle.
Soggetto a
continui mal di testa, fallirà tutte le esperienze universitarie e dopo un
blando tentativo di intraprendere la carriera militare, si ridurrà ad aiutare
il padre nel suo (all'epoca) rispettabile impiego di tecnico presso le
ferrovie.
Non durerà: i
pochi amici e la fidanzatina non riescono a placare la rabbia interiore di
Franco, che odia sempre più padre assente, madre idiota e fratello malato.
Così il 27 maggio
1956 li farà secchi tutti e tre, ne squarterà i cadaveri in modo da poterli
posizionare nelle suppellettili della stanza da letto e, dopo aver irrorato per
bene la casa di deodoranti vari per nascondere i miasmi della putrefazione, si
divertirà con gli amici e la fidanzata, tra alcool, feste e balli.
Peccato che un
vicino, allarmato dal crescente lezzo di carogna, decida di chiamare la
polizia.
Qualche giorno
dopo Percoco, mentre Bari è terrorizzata dall'aggirarsi del nuovo 'mostro' per
le sue strade, sarà catturato a Ischia.
Il resto è storia
nostra.
Devo dire che
Marcello ha lavorato molto bene. Le attività di documentazione sono state
svolte perfettamente e la cronaca, se pur romanzata, non si concede alcuno
slancio, come invece tipico delle narrazioni in terza persona onnisciente.
Percoco è con noi
lungo le 280 e più pagine e ci sembrerà di sentirlo, di fare nostri suoi
tormenti, i suoi patemi, la sua infelicità. La tara familiare che evidentemente
affligge anche lui è rivelata pian piano, quei blocchi genetici al comune ragionare
sono assorbiti dal lettore in tutta scioltezza, come anche la genesi del male.
Alle volte ci si dimentica che si stia raccontando un fatto vero, pare
piuttosto di ritrovarsi immersi in un buon giallo all'italiana.
Qualche eccesso
di punteggiatura e trascurabili refusi, oltre a scelte stilistiche un po' retrò
non inficiano la bontà di un testo ben riuscito sotto ogni aspetto.
A voler essere pignoli
in un paio di casi ho notato delle brevissime sortite del narratore che in
prima persona (e non in terza!) si produce in giudizi di contorno, il che
farebbe storcere il naso a certi blogger estremisti di mia conoscenza...
ma questo non è un testo da critica radicale; essendo al contrario la ricostruzione
fedele di un caso giudiziario pugliese, è verosimile che il libro non potrà
affrancarsi del tutto dal suo legame al territorio e pertanto sortite e comparsate
su siti letterari generalisti saranno, a mio parere, di scarsa utilità.
In ogni caso il
romanzo sta avendo un eccellente riscontro di pubblico e vendite e, porgendo al
mio fratello minore i più vivi complimenti, l'invito a proseguire su questa
strada, che non potrà non regalargli i successi che merita.
Trattandosi di
una recensione 'in famiglia' il libro non riceverà il voto.
A metterlo
dovranno pensarci i lettori.