Il
contratto di edizione è un negozio atipico incluso nel nostro ordinamento
giuridico principalmente in forza degli artt 1322, 2575, 2576, 2581 del codice
civile. Altri elementi del contratto sono desumibili dal TU sul diritto
d’autore (R.d.1941/633 artt. 118 e seg.) che tipicizza alcune tipologie di contratto di edizione, senza però
introdurne una disciplina organica. Del resto vertendosi in materia di diritti
dell’ingegno e quindi in ambito strettamente privatistico, in ossequio
all’ideologia liberale alla quale è informato il CC la normativa complementare
dell’epoca è essenzialmente dispositiva e non cogente, fatti salvi i diritti
inalienabili della personalità.
Il
contratto di edizione è l’accordo giuridico tra due parti: l’autore-cedente e l’editore-cessionario,
in base al quale l’autore (con)cede all’editore di sfruttare commercialmente
una o più opere dell’ingegno di sua paternità
in cambio di un compenso prefissato nel contratto medesimo.
Il
contratto potrà essere a seconda dei casi di edizione pura/per edizione, ovvero (molto più frequentemente) a termine. In realtà tanto l’una che
l’altra tipologia contrattuale durano fino
a 20 anni e la differenza intercorrente tra le medesime è la seguente:
· "Il contratto per edizione conferisce all'editore il diritto di eseguire
una o più edizioni entro vent'anni dalla
consegna del manoscritto completo. Nel
contratto devono essere indicati il numero delle edizioni e il numero degli
esemplari di ogni edizione. Possono tuttavia essere previste più ipotesi,
sia nei riguardi del numero delle edizioni e del numero degli esemplari, sia nei riguardi del compenso relativo.
Se mancano tali indicazioni si intende che il contratto ha per oggetto
una sola edizione per il numero massimo
di duemila esemplari.
· Il contratto di edizione a termine conferisce all'editore il diritto di eseguire quel numero di edizioni che stima
necessario durante il termine, che non
può eccedere venti anni, e per il
numero minimo di esemplari per edizione, che deve essere indicato nel
contratto, a pena di nullità del contratto medesimo.” (rif. art. 122 T.U.)
Ovviamente
nel secondo tipo di contratto il termine mediamente praticato dagli editori
sarà molto più breve dei canonici 20 anni, facilizzando così l’editore a
disfarsi di opere di scarso successo commerciale, ovvero al contrario
autorizzandolo a moltiplicare edizioni-lampo di opere d’insperato richiamo.
Nel primo tipo
invece l’editore è più vincolato e a questo riguardo l’art. 124 del T.U. è
chiaro nel sancire che:
"Se più
edizioni sono prevedute nel contratto, l'editore è obbligato ad avvisare
l'autore dell'epoca presumibile dell'esaurimento dell'edizione in corso, entro
un congruo termine, prima dell'epoca stessa.
Egli deve
contemporaneamente dichiarare all'autore se intende o no procedere ad una
nuova edizione.
Se
l'editore ha dichiarato di rinunciare ad una nuova edizione o se, avendo
dichiarato di volere procedere ad una nuova edizione, non vi procede nel
termine di due anni dalla notifica di detta dichiarazione, il contratto si intende
risoluto.
L'autore ha
diritto al risarcimento dei danni per la
mancata nuova edizione se non sussistano giusti motivi da parte
dell'editore.”
Difficilmente
tale tutela, non estrema ma ad ogni buon conto dotata d’efficacia inibitoria,
potrebbe trovare applicazione nel più breve e meno incisivo contratto a
termine.
Di una
certa importanza è poi l’art. 127, che pone come termine massimo assoluto e inderogabile di pubblicazione dell’opera (salvo
che per le opere ‘collettive’ quali le enciclopedie e le grandi antologie etc, )
quello di anni due, decorrenti dal
c.d. ‘visto si stampi’ da parte
dell’autore (mi scuso per la dizione antiquata).
Si ricorda che le varie comunicazione tra editore e
autore devono essere provate per iscritto con raccomandata a.r. e non con
semplice mail o fax a tutt’oggi indigesti ai magistrati, in particolare a
quelli anziani. Strumenti sostitutivi quali la
posta elettronica certificata sono in parte accettabili ma il giovane
autore che voglia liberare da subito il campo da ogni dubbio e/o seccatura è
bene che divenga in primis un buon
burocrate e la burocrazia, come è noto, è nemica giurata del progresso e
dell’innovazione. Un giudice di pace sessantacinquenne a malapena saprà usare
una propria casella di e_mail e parlargli di posta elettronica certificata
potrebbe mal disporlo già di primo acchito, malgrado abbiate tutte le ragioni
di questo mondo!
Chiudendo
la digressione, anche l’art. 128 introduce una tutela pro autore pel caso in
cui la pubblicazione non sia stata realizzata entro il termine pattuito, in
questo caso per termine intendendosi quello del contratto a termine (perdonate il gioco di parole). In tal
caso l’autore può dichiarare risolto il contratto e chiedere il risarcimento
del danno (trattasi di responsabilità
contrattuale e non precontrattuale, inclusiva di danno emergente e lucro
cessante) ovvero richiedere l’intervento giudiziale, affinché sia fissato ope
iudicis un altro termine da assegnarsi all’editore. Ovviamente la stragrande
maggioranza dei giovani autori opterà saggiamente per la prima via, sarebbe
improduttivo insistere ad emungere l’adempimento da parte di un contraente che
si è dimostrato malfidato o in condizioni oggettivamente inadatte a onorare gli
impegni sottoscritti.
In
conclusione, il T.U. sui diritti d’autore fissa alcuni criteri ormai entrati
nella prassi di ogni giorno quali:
· La facoltà per l’autore di correggere il pubblicato in prossimità di
nuove edizioni (art. 129 che però fa salve le modifiche radicali, non
accettabili dall’editore);
· L’obbligo per l’editore
di compensare l’autore, con una percentuale
sul venduto o in altra maniera
(carattere dispositivo della norma). Per le pubblicazioni di carattere
tecnico-didattico, fotografico etc. è sancita la facoltà di compensare l’autore
una tantum - art. 130 I co.
· L’obbligo dell’editore di rendiconto
annuale (art. 130 II co).
L’art. 132
è forse quello che può originare maggiori problemi, leggiamone il breve testo:
"L'editore
non può trasferire ad altri, senza il consenso dell'autore, i diritti
acquistati, salvo pattuizione contraria
oppure nel caso di cessione dell'azienda.
Tuttavia, in questo ultimo caso i diritti dell'editore cedente non possono
essere trasferiti se vi sia pregiudizio
alla reputazione o alla diffusione dell'opera.”
In realtà
questa norma ben lungi dal limitare l’azione di un editore ‘inquieto’ lo
facultizza pienamente a cedere il contratto d’edizione a chi ritenga opportuno,
salvo lasciare all’autore l’onere della
prova di un danno alla reputazione o alla diffusione, probatio che sarà
quantomeno diabolica, trattandosi di
danno meramente potenziale e verificabile solo a bocce ferme.
Se ad. es. un utente del forum pubblica con
Mondadori e la Mondadori cede piccola parte delle opere di narrativa da essa
pubblicate al sottomarchio (inesistente) Cippirimerlo
Corporation sarà onere dell’utente provare che questo nuovo marchio sia
assente dalle librerie Mondadori ovvero equiparato a una sorta di cimitero
degli elefanti librario... e sempre che il contratto da lui firmato non
facultizzi appieno l’editore a cedere l’opera alla sue consociate. Ove poi il
contratto debitamente firmato avesse previsto tale clausola di cessione, non
resterebbe altro che rassegnarsi a essere scrittori targati Cippirimerlo C.,
con buona pace delle proprie ambizioni.
Dulcis in
fundo l’art. 133, spesso ritrascritto in tutti i contratti di piccola editoria
(specie se si tratta di editoria a pagamento) recita:
"Se l'opera
non trova smercio sul mercato al prezzo fissato, l'editore prima di svendere
gli esemplari stessi a sottoprezzo o di mandarli al macero, deve interpellare l'autore se intende
acquistarli per un prezzo calcolato su quello ricavabile dalla vendita a
sottoprezzo o ad uso di macero.”
Interpellare,
capito? Non c’è alcun obbligo di
acquisto ma una mera facoltà. Eventuali impegni contrari in contratto
devono indurre da subito a riflettere l'aspirante autore-cessionario.
Il prezzo
dell’opera lo stabilisce solo l’editore.
Ricapitolando: il
contratto di edizione non è incluso nel codice civile ed è solo in piccola
parte regolato dal TU sul diritto d’autore. Si tratta di un contratto
consensuale a effetti obbligatori oggetto del quale è lo sfruttamento patrimoniale
di un’opera dell’ingegno, alias diritto
patrimoniale d’autore. Il diritto
morale d’autore è invece un diritto della personalità inalienabile e
intrasmissibile se non limitatamente ai correlati risvolti economici (almeno in
via di principio ma è nota l’esistenza del contratto atipico e a causa illecita
di ghost writing, mutuato dal
diritto anglosassone e di fatto largamente presente nell’attuale panorama
giuridico, al pari di numerosi altri contratti a causa illecita nulli alla radice).
La forma è scritta ad probationem e la registrazione
necessaria in caso d’uso.
In tema di
corrispettivo-prezzo vige la massima liberta: in genere è liquidato annualmente
in commisurazione al tenore delle vendite; talvolta può essere liquidato parzialmente
in anticipo (nell’alta editoria) o allo scadere di un termine superiore
all’anno (frequentemente nella piccola editoria), in alcuni casi escluso fino al raggiungimento di un certo
numero di copie vendute (alcuni piccoli utilizzano questa forma di
pagamento sottoposto a una vera e propria condizione
sospensiva non meramente potestativa che, per quanto possa risultare
indigesta agli autori di primo pelo, è legalmente
valida e difficilmente attaccabile). In caso di altissima editoria o di
editoria tecnica di valore, il compenso può essere corrisposto forfetariamente
e in anticipo.
Il termine del contratto non può essere
superiore ai venti anni ma
eccettuati alcuni grandi autori che possono permettersi di calpestare la normativa dispositiva e trattare da soli con le
grandi case editrici, la stragrande maggioranza dei contratti di edizione
non supera il triennio.
L’editore
si obbligherà a una serie di adempimenti burocratici non delegabili, quali l’acquisto
del codice ISBN o EAN, il c.d. deposito legale e la registrazione all’ufficio
centrale SIAE, ma va chiarito che tali oneri non rendono automaticamente nullo il contratto di edizione trattandosi
di oneri di pubblicità dichiarativa
privi di efficacia costitutiva. Va da sé
che i libri senza ISBN non sono smerciabili e depositabili, men che meno registrabili
alla SIAE. Il contratto editoriale sebbene non tecnicamente nullo sarà
irregolare e commercialmente inefficace, risolvendosi al limite in un contratto
tipografico.
In caso di
inadempimento a tali oneri l’editore sarà soggetto a sanzioni pecuniarie, salva
la risoluzione del contratto e l’eventuale pretesa risarcitoria dell’autore.
Ove l’opera non registrata alla SIAE sia ritenuta d’importanza nazionale, il
Ministero dei Beni Culturali può disporre il
sequestro dell’opera con DEPOSITO COATTO a spese dell’editore inadempiente (art.
106 T.U.). L’autore può provvedere a proprie spese al deposito SIAE,
sebbene i costi dell’operazione lo sconsiglino.
In gran
parte dei contratti editoriali è pattuita l’esclusiva
a favore dell’editore, sicché l’autore in costanza di contratto non potrà pubblicare
l’opera in tutto o in parte con altro editore (o sul proprio blog!), a pena di risoluzione del contratto e salvo
il risarcimento del danno nei confronti dell’editore, che potrà in ogni caso
agire per l’annullamento dell’eventuale contratto stipulato in elusione
dell’esclusiva.
Sovente il
contratto munito d’esclusiva disciplina eventuali diritti di traduzione dell’opera ovvero sue trasposizioni cinematografiche, radiofoniche etc. In primis va
ricordato che lo sfruttamento dell’opera tradotta in un paese straniero è
soggetto alla legge di quel paese, presso il quale pertanto dovrà essere
stipulato un nuovo contratto; l’editore in tal caso è tenuto a informare
l’autore di tale nuovo contratto di pubblicazione all’estero e a
corrispondergli i compensi maturati in forza di tale nuovo contratto, agendo da
sostanziale procacciatore d’affari per conto dell’autore. S’intende che in caso
di provvigioni minimali o comunque sottodimensionate rispetto agli effettivi incassi
dell’editore, all’autore spetta il gravoso compito di convenire l’editore in
giudizio nel paese estero. In caso di riduzione cinematografica, televisiva, radiofonica
etc. ottenuta dall’editore in costanza di esclusiva, anche in questo caso sarà stipulato un nuovo contratto completamente
autonomo da quello originario di edizione, ove l’editore assumerà una
sostanziale funzione mandatoriale (senza rendiconto!) nei confronti
dell’autore, che percepirà le royalties contrattate dall’editore nel suo
interesse ma non potrà ad es. impedire o vietare la diffusione dell’opera finale
ove non di suo gradimento, restando l’esercizio di tali poteri radicato in capo
all’editore-mandatario.
Ergo: state attenti a firmare contratti con
la piena clausola d’esclusiva! Una volta ceduti i diritti di traduzione e
riproduzione o anche di semplice pubblicazione potreste ritrovarvi con le mani
legate percependo solo una quota sparuta dei guadagni connessi alla vostra
opera.
Mi rendo conto d’avervi annoiato più che
abbastanza, eppure ho affrontato una men che minima parte di tutte le dinamiche
giuridiche connesse al contratto di edizione.
Cosa fare
allora quando un editore ci propone un contratto di pubblicazione (nel 99% dei
casi di edizione a termine)?
Leggetelo
molto attentamente e verificate da subito:
· La durata, tre anni sono più
che sufficienti;
· C’è o non c’è l’esclusiva di
pubblicazione? Se c’è siate guardinghi.
· Il corrispettivo, consapevoli
che ben difficilmente supererà il 10% netto su ogni copia venduta.
· L’editore malgrado l’assenza di esclusiva si riserva i diritti correlati
alla eventuale traduzione, diffusione o riduzione audiofonica, cinematografica
etc? Lo fanno quasi tutti e se volete pubblicare non potrete negarglieli, però
se il vostro romanzo ha successo durante la prima edizione, in sede di rinnovo contrattuale avrete abbastanza voce in
capitolo da cancellare quell’articolo ovvero strappare da subito una
percentuale netta dei futuri guadagni che l’editore conseguirà da tale forma di
sfruttamento; un buon 20% netto è il minimo accettabile. Se il romanzo vende
160 copie il problema non si pone.
· Il foro: l’editore è di Milano e per le
controversie contrattuali indica il foro della sua città, io vivo però a Reggio
Calabria… Lasciate perdere e informatevi
dal vostro avvocato di famiglia se ha un buon domiciliatario in Lombardia,
nemmeno l’ex editore Lotta Comunista vi agevolerebbe sul foro competente!
· Burocrazia: L’editore garantisce il deposito legale almeno a Roma e Firenze? Si
obbliga alla registrazione presso SIAE e Ministero? No? Buttate via il contratto, con ogni probabilità il Vostro libro
non avrà codice isbn/ean e l’edizione, se pur non affetta da nullità
contrattuale, partorirà un libercolo non smerciabile ed eccellente per
sostenere un mobile pericolante… e stop! In ogni caso SIAE e Ministero non
accetterebbero mai la registrazione di un’opera priva di codice isbn.
In genere
l’editore utilizza il contratto di edizione per richiamare quello che è un
contratto assolutamente autonomo, il cd. Contratto librario più noto come
‘Distribuzione’.
Sulla
distribuzione si accapigliano moltissimi autori su centinaia di forum e blog ma
non è chiaro quasi mai che la distribuzione rispetto all’edizione mantiene solo
un rapporto funzionale e che
firmando un contratto di edizione, a prescindere da qualsiasi rutilante
clausola titolata ‘distribuzione’ l’editore non si è impegnato a nulla… salvo a
stipulare un contratto librario con un distributore librario, nei confronti del
quale voi non avrete mai alcun tipo di rapporto!
Pertanto nella
clausola distribuzione limitatevi a
verificare il NOME COMMERCIALE DEL o DEI DISTRIBUTORI.
Ok per IBS,
Unilibro e compagnia cantante, ma se sperate che il vostro capolavoro si
affacci in qualche libreria (poche probabilmente) il distributore deve essere
indicato con ragione sociale e partita IVA.
Se
l’editore si limita a chiosare formule vaghe (vari distributori nazionali e regionali…, propria rete…, punti vendita
fiduciari…) rassegnatevi o al limite
cercate da voi stessi qualche libreria disposta a ospitarvi, perché quell'editore è privo di una rete distributiva e vende essenzialmente sul web.
MI HANNO CHIESTO UN CONTRIBUTO EDITORIALE, CHE
FACCIO?
La pratica
è perfettamente legale e oramai largamente diffusa, se ne è detto e scritto fin
troppo.
L’editoria
a pagamento è accettabile solo per opere di carattere tecnico o poetico,
poiché in tal caso il valore dell’opera in sé non è sufficiente a risvegliare
un mercato che non assorbe tali espressioni artistiche-scientifiche.
La narrativa a pagamento è un fenomeno deprecabile che segna fin dal principio gli scrittori esordienti, intingendoli nel
disprezzo e ludibrio da parte di altri scrittori, della critica e degli stessi
ipocritissimi editori, che incassano bei soldoni restituendo in cambio un paio
di scatoloni di libracci orrendamente rilegati e stampati allegramente, in spregio
a qualsiasi perizia tecnica.
Il diritto in questo caso non ci soccorre, mi limito a fornire un umilissimo parere:
se pagate
per pubblicare il saggio "Il pignoramento
presso terzi nell’attuale contesto della giurisprudenza comunitaria” siete
liberissimi di farlo, l’editoria di
sostegno alle opere tecnico-scientifiche è un fenomeno legittimo e moralmente
giustificabile, nemmeno il severo WD alzerà una mano contro di voi.
Se invece pagate
ad. Es. 1800 euro per pubblicare il vostro diario adolescenziale rivisto dopo
vent’anni e attualizzato in chiave steam punk, magari trasformando la vostra
compagna di classe bona in una sexy vampira di centottanott’anni, riuscirete soltanto a rendervi ridicoli
raccogliendo tributi di pernacchie a 360°.
Edorzar